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giovedì 15 novembre 2012

Intervista a Laura Grandi, traduttrice italiana di Joanne Harris

Sì, ho approfittato dell'uscita italiana de Il giardino delle pesche e delle rose per fare una cosa che desideravo da tanto: intervistare la traduttrice di Joanne Harris. Avevo voglia di scambiare quattro chiacchiere con lei perché ero curioso di avere anche il suo punto di vista su alcune cose che riguardano le opere di questa grande autrice. Qui sotto ne trovate il risultato.

Ne approfitto per ricordarvi che domani, venerdì 16 novembre, in occasione del Bookcity di Milano, si terrà l'ultima tappa del tour italiano di Joanne. La potete andare ad ascoltare al Teatro Elfo Puccini di Milano alle ore 18.
Io l'ho vista ieri a Bologna e  posso dire che ne vale la pena. Così come vale la pena di leggere il suo nuovo romanzo, che riserva sorprese, colpi di scena e un ricordo profumato di Chocolat.

Ma ora basta cianciare, ed ecco l'intervista a Laura Grandi, che ringrazio infinitamente per la gentile disponibilità.



DOMANDA: Gentile Signora Grandi, benvenuta su "Mendiants & Magie". Per incominciare mi piacerebbe partire da una domanda banale: come ha conosciuto il lavoro di Joanne Harris? Le è stato semplicemente chiesto di tradurla, oppure era un suo desiderio farlo?
RISPOSTA: Ho conosciuto il suo lavoro in quanto agente letterario: rappresentavo la sua agenzia in Italia quando ha scritto Chocolat, così mi è arrivato il dattiloscritto perché trovassi un editore che lo pubblicasse. Sono stata io a propormi a Garzanti per la traduzione, mi sembrava un romanzo inconsueto e divertente con cui cimentarsi. Tra l’altro, l’Italia è stato il primo paese in assoluto dove il libro è stato pubblicato. Da allora, continuo a occuparmi di lei, come agente e come traduttrice.

D: E' risaputo che la traduzione è un lavoro molto difficile, e questo per via di tutti i problemi che il trasporre un libro da una cultura a un'altra comporta. Ma quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano nel tradurre la Harris?
R: Le traduzioni hanno tutte difficoltà simili, che dipendono in buona parte dalla lingua originale: nel tradurre dall'inglese, per esempio, si cerca sempre di risolvere certe cose che in italiano possono risultare inutili, come "disse" o "ha detto" in chiusura di un dialogo, oppure alcune ripetizioni che l'inglese tollera e l'italiano no; poi c’è la questione dei verbi: l’italiano offre maggiori possibilità rispetto all’inglese e bisogna fare delle scelte. La Harris non mi è mai risultata ostica; naturalmente bisogna calarsi nel mondo di ogni libro e, nel caso delle Parole segrete (Runemarks), è stato necessario distinguere tra le citazioni da testi esistenti, come l'Edda, e quelle inventate dall’autrice: ma è un gioco interessante e in più posso consultarla se ho dei dubbi.

D: Da quel che ho potuto vedere io negli anni, spesso la Harris usa dei titoli particolari, con modi di dire prettamente inglesi, come per esempio "Gentlemen and Players", o comunque di difficile resa in italiano. Penso per esempio a "Blue eyed boy", che venendo tradotto in italiano perde un po' il suo essere anche il nickname del protagonista. Quanto sono difficili i suoi titoli e che tipo di scelta viene effettuata, nello sceglierli?
R: La questione della traduzione dei titoli è un’altra di quelle che si presentano di frequente: basta pensare a Salinger, al Giovane Holden, il cui titolo originale è The catcher in the rye. È vero, a volte qualcosa si perde, ma nel caso della Harris, insieme all'editore, quando si è dovuto cambiare, abbiamo cercato titoli gradevoli e che allo stesso tempo evocassero il contenuto del romanzo.

D: C'è un romanzo tra quelli della Harris che più le piace, o che le sta particolarmente a cuore? E se sì, come mai?
R: Non ho un romanzo preferito, anche perché, malgrado le diverse ambientazioni, nei libri di Joanne ci sono temi ricorrenti che le stanno a cuore e li legano più di quanto possa apparire, per cui tendo a considerare i suoi titoli come un'opera complessiva che si compone a poco a poco. Sicuramente penso però che Cinque quarti d'arancia sia un romanzo davvero importante sulla Seconda guerra mondiale e che nel Ragazzo con gli occhi blu abbia descritto il mondo della rete con grande acume, cosa non facile, visto che mail, chat e web sono entrati con prepotenza nella letteratura. E nel romanzo in uscita da Garzanti, Il giardino delle pesche e delle rose, trovo interessante l'equilibrio fra il recupero di personaggi già conosciuti in Chocolat e nelle Scarpe rosse e l'introduzione di personaggi nuovi, con cui il lettore familiarizza subito.

D: E il più ostico da tradurre?
R: Come ho detto, non sono libri particolarmente ostici; per La scuola dei desideri si è dovuto usare qualche "trucco", nel rispetto degli intenti dell'autrice, ma meglio non rivelare quale, altrimenti si rischierebbe di dire troppo sulla trama e sull'identità dei personaggi!

D: Qual è, invece, quello che l'ha più sorpresa? Perché diciamocelo, pur mantenendo delle tematiche tipiche, Joanne Harris ha affrontato davvero molte storie e molti generi differenti tra loro, e non si sa mai cosa aspettarsi dal lavoro successivo.
R: Ogni volta che leggo la Harris, mi sorprendo. Per esempio, nel Ragazzo con gli occhi blu, ci sono personaggi minori, tratteggiati con un’abilità notevole, che rimangono impressi pur avendo un ruolo secondario; penso ad esempio alle "vittime" che il ragazzo sostiene di avere, o ha, ucciso. Mi sorprendono anche certi racconti, come ad esempio Faith e Hope fanno shopping in Profumi, giochi e cuori infranti, ma anche i tocchi umoristici che riesce a dare a storie dai lati tragici, come nella Spiaggia rubata o nel Giardino delle pesche e delle rose.

D: Ora faccio una domanda un po'... particolare. Secondo lei, che tipo di lettori ha la Harris, in Italia? Glielo chiedo perché, per i primi 5/6 romanzi pubblicati da noi, il tagret è stato piuttosto definito. Poi, però, ha scritto "La scuola dei desideri" che è un thriller psicologico, "Le scarpe rosse" che è un seguito a mio avviso molto particolare per chi era abituato a "Chocolat". Con "Le parole segrete" si è data al fantasy, poi è stato ripubblicato "Il seme del male" che parla di vampiri... C'è una differenza tra i primi lettori e i lettori attuali, secondo lei? Il suo pubblico è stato in grado di capirla, oppure è semplicemente cambiato?
R: I suoi lettori in Italia sono molti, donne e uomini, e, col passare del tempo, sono in parte anche cambiati. Lo si capisce dal fatto che i primi titoli, pubblicati diversi anni fa, continuano a vendere bene, il che significa che ci sono nuove generazioni di lettori che si avvicinano ai suoi libri.

D: Ma torniamo alle traduzioni. In Italia non è ancora stato pubblicato "Runelight", e a Novembre in Inghilterra esce una nuova raccolta di racconti, "A cat, a hat and a piece of string". Lei li ha già letti? Cosa dobbiamo aspettarci? Siamo tutti molto curiosi.
R: Ho letto sia Runelight, che qui uscirà l'anno venturo, sia i racconti, previsti per il 2014. Runelight è il seguito delle Parole segrete, ma come per i libri della Harris che sono il seguito di un altro (Le scarpe rosse e Il giardino del pesco e delle rose, entrambi sequel di Chocolat), si può leggere autonomamente, anche senza aver letto il primo. E A cat, a hat and a piece of string, conferma le doti della Harris anche come autrice di racconti. In Italia, e altrove, si dice che i racconti non hanno un grande pubblico, ma nel suo caso è molto amata anche quando adotta la forma narrativa breve.

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